“Credo nel rumore di chi sa tacere”
(Ligabue)
E’ la frase che riecheggiava dentro di me durante quella breve ma intensa permanenza come volontaria della Croce Rossa Italiana presso il campo profughi “Villaggio degli aranci” a Mineo.
Sono stata a contatto con dei bimbi grazie al servizio svolto in Ludoteca e presso il “punto mamma” dove distribuivamo i pasti.
“Credo nel rumore di chi sa tacere” è proprio la frase che riassume tutto: dietro quegli occhi che mi guardavano silenziosi, dietro quei sorrisi da poco “risorti”, c’era la sofferenza di piccole creature che si erano confrontati con la crudeltà del mondo prematuramente.
Sentivo con le mie orecchie il sussulto di una bimba tra le mie braccia, frammento di uno spavento in seguito al bombardamento avvenuto nella sua terra.
Osservavo in prima persona come all’improvviso gli occhi di quelle piccole creature si assentavano, si ricollegavano a quella dimensione crudele che li ha traumatizzati senza dare loro il tempo di chiedersi “Perché?”
E poi quel sorriso innocente e quella grande forza di volontà nel recuperare una vita mai persa.
Accanto “a queste piccole vite già segnate” non poteva mancare la presenza di grandi donne. Donne che hanno dovuto sopportare la perdita dei loro cari, di mariti morti durante un naufragio o lontani, sparsi per chissà quale altro villaggio d’Italia. Quelle lacrime, quelle urla non potranno sostituire nessuna notizia passata velocemente al Tg o letta sul giornale.
Quel piccolo villaggio è tutt’ora l’unione di infinite culture, tradizioni, lingue ma soprattutto di mentalità così variegate e per questa ragione le differenze PURTROPPO non vengono fatte solo da “coloro che accolgono” ma anche dagli stessi immigrati. E’ per questo che bisogna lavorare sulle mentalità di entrambe le parti per stabilire i principi della convivenza civile attraverso la collaborazione e il dialogo e soprattutto attraverso il rispetto degli altri, di se stessi e dei propri familiari.
Simona Mancino
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