La forma d’informazione più libera è la satira che può far passare il messaggio di verità col sorriso, nata dall’Antica Grecia, si è sempre rivolta alla politica con lo spirito di critica più graffiante. Questo genere si è evoluto nel tempo con l’evolversi delle forme di potere. In tempi bui chi faceva satira svolgeva un mestiere pericoloso ed era spesso oggetto di censura.
Oggi, con la nascita della forza dell’opinione pubblica, si è scoperto il potere dell’informazione celata nelle risa, un potere formidabile che riesce a far tremare i governi perché smuove la coscienza delle masse e mette in evidenza le contraddizioni della politica.
In Italia, per esempio, possiamo citare “Candido”, il giornale del mitico Giovannino Guareschi che nel 18 Aprile del ’48 diede il suo contributo alla prima vittoria della Democrazia Cristiana per poi criticarla in seguito pur mantenendo l’idea anticomunista.
Lo stesso Guareschi è stato poi condannato nel ’50 per “vilipendio al capo dello stato”, in seguito ad una vignetta che mostrava il Presidente Einaudi che passava in rassegna una fila di bottiglie anziché corazzieri. Nelle bottiglie v’era scritto “Poderi del Senatore Einaudi” e questo bastava per una condanna.
Il 1950 sembra lontano, pare che la satira negli ultimi vent’anni abbia agito nella totale libertà. No, non è stato così. Il potere ha sempre avuto paura dei giullari e li ha sempre combattuti con la stessa arma: la censura.
Facciamo un grosso balzo in avanti, passiamo dal caso Einaudi del ’50 all’editto bulgaro del 2002. Il nostro Presidente del Consiglio di allora si sentì in dovere di proteggere i cittadini da un uso criminoso del servizio pubblico spingendo per eliminare dalla RAI due giornalisti ed un comico molto famoso, Daniele Luttazzi che si era permesso di fare satira in un periodo non adatto. Il programma Satyricon trasmetteva, infatti, una puntata con ospite Marco Travaglio durante la campagna elettorale del 2001.
In quel caso il potere della satira non riuscì a battere quello della propaganda, Berlusconi vinse e si vendicò tagliando fuori dalla RAI il comico Luttazzi e i due giornalisti Santoro e Biagi.
Nove anni dopo chiude col suo (forse) ultimo governo Silvio Berlusconi e la satira si proclama triste, perché da adesso dovrà lavorare di più, non vi saranno le gaffe evidenti del Cavaliere e (si spera) l’incompetenza dei suoi ministri ad aiutare i comici a svolgere il proprio mestiere.
Per fortuna di recente abbiamo visto il ritorno di Rosario Fiorello e ci siamo divertiti in dodici milioni con la sua satira leggera ma potente, notiamo con piacere il polverone sollevato dal suo spettacolo e ci rallegriamo del suo successo.
La domanda, però, sorge spontanea: Perché solo quattro puntate?
Dario Gregalli
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